LA GRUA TALAMANCA
AttivaMente ASD APS via Gesù e Maria 13 Carini (PA) 90044
email attivamenteasdcarini@gmail.com
STORIA DI UNA DINASTIA
AttivaMente ASD APS
LA STORIA DELLA FAMIGLIA
La storia della famiglia La Grua Talamanca di Carini è un affascinante intreccio di potere, intrighi politici, drammi personali e un profondo legame con il Castello di Carini, che ha dominato il paesaggio siciliano per secoli. Dal suo insediamento nel 1397 fino alla donazione del castello nel 1977, questa nobile stirpe ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della Sicilia.
La vicenda della famiglia La Grua a Carini inizia ufficialmente nel 1397, quando Re Martino I di Sicilia, in ricompensa per i servigi resi, concesse il feudo e il Castello di Carini a Ubertino La Grua, un "milès panormitano". Questo atto segnò l'inizio di una lunga e influente presenza della famiglia nel territorio.
Ubertino La Grua, o Bertino, figlio di Colo, proveniva da una famiglia pisana che si era stabilita in Sicilia nel XIV secolo, dedicandosi inizialmente al commercio di cotone e frumento. La sua ascesa sociale e politica fu rapida, culminando con la concessione del feudo di Carini, che lo rese il primo barone di Carini. Ubertino La Grua, non fu solo un abile commerciante, ma anche un astuto politico. La sua lealtà a Re Martino I di Sicilia gli valse non solo il feudo di Carini, ma anche prestigiose cariche come quella di capitano giustiziere della Valle di Mazara e di Palermo nel 1396, e mastro razionale del Regno. La sua influenza fu tale da permettergli di liberare i sovrani Martino e Maria, segregati dai ribelli, e di riportare sotto il controllo del Regno diverse terre in Val Demone e Valle di Mazara, dimostrando la sua importanza nelle dinamiche politico-militari dell'epoca.
Un momento cruciale nella storia della famiglia fu l'unione con la nobile famiglia catalana dei Talamanca. Nel 1408, Ilaria La Grua e Imperatore, unica figlia di Ubertino II La Grua, sposò Gilberto Talamanca, camerlengo e consigliere di re Martino. Questo matrimonio non solo consolidò il potere della famiglia, ma portò anche alla fusione dei due cognomi, dando origine alla stirpe La Grua Talamanca. Il feudo di Carini fu trasmesso ai discendenti con l'obbligo di anteporre il cognome La Grua a Talamanca.
La famiglia La Grua Talamanca ricoprì numerose cariche politiche e diplomatiche di rilievo. Diversi membri furono deputati del Regno e pretori di Palermo, dimostrando la loro influenza nella gestione degli affari siciliani. L'unione tra la famiglia La Grua e i Talamanca fu un evento strategico che consolidò ulteriormente il potere e il prestigio della casata. Gilberto Talamanca, nobile catalano, ricopriva già importanti incarichi come camerlengo e consigliere di re Martino, e capitano e pretore in Palermo. Questa fusione non fu solo un'unione di patrimoni, ma anche di influenze politiche, che permise alla famiglia La Grua Talamanca di mantenere il possesso della Baronia di Carini per secoli, con l'obbligo di anteporre il cognome La Grua a Talamanca, a testimonianza dell'importanza del lignaggio originario.
La storia della Baronessa di Carini, Laura Lanza, è senza dubbio l'aneddoto più celebre e drammatico legato alla famiglia La Grua Talamanca e al Castello di Carini. Nata nel 1529, Laura era figlia di Cesare Lanza, Conte di Mussomeli. All'età di soli 14 anni, fu data in sposa a Vincenzo La Grua Talamanca, barone di Carini, in un matrimonio combinato, tipico dell'epoca, volto a consolidare alleanze e patrimoni.
Nonostante il matrimonio, Laura si innamorò di Ludovico Vernagallo, un nobile di Baucina. La loro relazione clandestina, sebbene cercasse di rimanere segreta, non sfuggì agli occhi indiscreti della corte. Il 4 dicembre 1563, la tragedia si consumò. Laura Lanza fu brutalmente assassinata dal marito Vincenzo e dal padre Cesare, entrambi accecati dall'onore ferito e dalla necessità di lavare l'onta dell'adulterio con il sangue, secondo le rigide leggi e consuetudini dell'epoca.
La leggenda narra che, prima di morire, Laura lasciò l'impronta insanguinata della sua mano su un muro del castello, un segno che, si dice, riappare ogni 4 dicembre, anniversario della sua morte. Questa storia, tramandata di generazione in generazione, ha trasformato il Castello di Carini in un luogo intriso di mistero e romanticismo, attirando curiosi e appassionati di leggende. Il dramma della Baronessa di Carini non è solo un aneddoto, ma un potente simbolo delle dinamiche sociali e dei valori morali dell'aristocrazia siciliana del XVI secolo, dove l'onore familiare e la reputazione erano considerati beni inestimabili, da difendere anche a costo della vita.
L'elevazione di Carini a principato nel 1622, con Vincenzo La Grua Talamanca e Tocco, segnò un ulteriore consolidamento del potere della famiglia. Ma fu Antonino La Grua e Branciforti, marchese di Regalmici e principe di Carini, una figura di spicco nel panorama politico siciliano del XVIII secolo. Ricoprì numerose cariche di prestigio, tra cui capitano di giustizia di Palermo, pretore, deputato del Regno, vicario generale in Messina, consigliere di Stato e presidente della Giunta di Stato di Sicilia a Napoli. La sua influenza si estese anche all'urbanistica di Palermo.
Nel 1778, Antonino La Grua promosse un significativo cambiamento urbanistico nella città, facendo prolungare via Maqueda oltre le mura cittadine, fino al "piano di Sant'Oliva" (corrispondente alle attuali piazze Sant'Oliva, Castelnuovo e Politeama). L'intento iniziale era quello di facilitare il collegamento con le residenze estive della nobiltà nella Piana dei Colli. Tuttavia, questa iniziativa ebbe un impatto ben più ampio: spinse l'espansione della città verso nord, in aree precedentemente esterne alle vecchie mura di protezione. Ciò portò a un notevole aumento del valore delle proprietà e alla costruzione di nuovi, splendidi palazzi da parte della nobiltà, trasformando radicalmente il volto di Palermo.
Un altro illustre esponente della famiglia La Grua Talamanca fu Michele La Grua Talamanca e Branciforte, un personaggio di spicco che estese l'influenza della casata ben oltre i confini siciliani. Grande di Spagna e gentiluomo di camera di Carlo re di Spagna, Michele ricoprì una serie impressionante di incarichi militari e politici: Capitano generale della flotta spagnola, governatore delle Isole Canarie, ministro per "gli Affari di Marina e per la Grazia e Giustizia", Colonnello delle Regie Guardie del Corpo di Spagna, Tenente generale e governatore di Madrid.
Il culmine della sua carriera fu la nomina a Viceré del Messico (allora Vicereame della Nuova Spagna), carica che ricoprì dal 1794 al 1798. La sua gestione, sebbene efficace per la Corona spagnola, fu storicamente definita come quella di uno dei governanti più avidi di quella terra, un aneddoto che ne evidenzia il carattere pragmatico e, per alcuni, spregiudicato. Nonostante le critiche, Michele La Grua Talamanca lasciò un segno tangibile anche nel Nuovo Mondo: nell'aprile del 1796, fondò la città di Santa Cruz in California, inizialmente chiamata Villa de Branciforte in suo onore, nome che mantenne fino al 1845. Oggi, solo una delle vie principali della città californiana, Branciforte Avenue, porta ancora il nome del nobile siciliano, a testimonianza della sua eredità transcontinentale.
La lunga e gloriosa storia della famiglia La Grua Talamanca come proprietaria del Castello di Carini giunse al termine nel 1977. In quell'anno, Rodolfo La Grua Talamanca, ultimo discendente diretto della linea maschile, decise di donare il Castello al Comune di Carini. Questo gesto, avvenuto dopo secoli di possesso ininterrotto, segnò la fine di un'era e l'inizio di una nuova fase per l'imponente fortezza. La donazione permise al Castello di Carini di diventare un bene pubblico, accessibile a tutti, e diede il via a importanti lavori di restauro che ne hanno preservato la struttura e la storia per le generazioni future. La decisione di Rodolfo La Grua Talamanca, sebbene abbia segnato la conclusione di un legame secolare tra la famiglia e il suo simbolo più rappresentativo, ha garantito la sopravvivenza e la valorizzazione di un patrimonio storico e culturale di inestimabile valore per la Sicilia e per l'Italia intera.
Conclusione: L'Eredità di una Famiglia e di un Castello
La storia della famiglia La Grua Talamanca di Carini è un affresco vivido di sei secoli di storia siciliana, un racconto che si snoda tra le mura di un castello che ha visto nascere, crescere e tramontare una delle più influenti casate nobiliari dell'isola. Dalla lungimiranza politica di Ubertino I La Grua, che seppe cogliere l'opportunità di radicarsi in un territorio strategico, all'unione con i Talamanca che ne consolidò il potere, fino alle figure di spicco come Antonino e Michele, che lasciarono un'impronta indelebile nell'urbanistica di Palermo e persino nella storia del Nuovo Mondo, i La Grua Talamanca hanno saputo navigare le complesse acque della politica e della società del loro tempo.
Ma al di là delle gesta politiche e delle trasformazioni urbanistiche, la storia di questa famiglia è intrisa di vicende umane, di amori e tradimenti, di onore e tragedia, come testimonia il dramma senza tempo della Baronessa di Carini. Questa leggenda, pur nella sua dolorosa realtà, ha contribuito a tessere un filo indissolubile tra la famiglia, il castello e l'immaginario collettivo, rendendoli protagonisti di un racconto che ancora oggi affascina e commuove.
La donazione del Castello di Carini da parte di Rodolfo La Grua Talamanca nel 1977 ha segnato la fine di un'era, ma ha anche aperto un nuovo capitolo per questo simbolo di storia e cultura. Il castello, da dimora privata, è diventato un patrimonio di tutti, un luogo dove la memoria della famiglia La Grua Talamanca continua a vivere, raccontando storie di potere, passione e un'eredità che resiste al tempo. La loro vicenda è un monito e un'ispirazione, un esempio di come il destino di una famiglia possa intrecciarsi indissolubilmente con quello di un territorio, lasciando un segno profondo e duraturo nella grande narrazione della storia.